Drehbuchautor Ezio befände sich auf dem Weg zum Erfolg, wäre da nicht ein kleines Problem: Er soll einen Film über zwei chaotische und schrullige Mailänder Familien schreiben, deren Wege sich in jenem Moment kreuzen, in dem ihre 16jährigen Sprösslinge zu heiraten beschliessen. Ezio kommt mit Schreiben nicht voran, schon allein deswegen nicht, weil seine Figuren sich verselbstständigen und aus dem Drehbuch ausbrechen. Ungeniert wenden sie sich ans Kinopublikum, kritisieren ihren Erfinder, und jede fordert für sich eine bedeutendere Rolle ein. Schliesslich schreibt sich Ezio mitten in die Handlung hinein. Doch seine Figuren haben inzwischen auf eigene Faust ein gemeinsames Familientreffen angesetzt, um die Hochzeit zu planen. Mit ungeahnten Folgen.
Acht Figuren auf der Suche nach ihrem Autor. Ein sommerliches Mailand, das plötzlich märchenhaft bunt strahlt. Ein Drehbuch, das vor unseren Augen lebendig wird. Und zwei Familien, die man nicht so schnell vergisst. Gabriele Salvatores' intelligente, witzige und rasante Neuinterpretation von Pirandellos Theaterklassiker ist auch ein Fest für einige der besten italienischen Schauspieler der Gegenwart.
Zwei lebendige, glückliche, verworrene Familien von heute, in denen die Eltern noch viel ausgeflippter sind als ihre Kinder. Im Mittelpunkt steht die Suche nach dem Glück. Manchmal ist es das Leben, das uns daran hindert, glücklich zu sein. Manchmal stellen wir uns auch selbst Hindernisse in den Weg und bauen unüberwindbare Barrieren um uns auf. Das tut auch der Autor, um den sich der Film dreht. Ezio zieht es vor, Liebesgeschichten zu schreiben, anstatt selbst eine zu erleben, weil er furchtbare Angst davor hat. Aber ist das nicht absurd?
Gabriele Salvatores
Ein unterhaltsamer Film, klug, unerwartet, bunt, sogar optimistisch. Eine meisterhafte Regieleistung von Gabriele Salvatores, der auch die exzellenten Darsteller virtuos führt. Der ganze Film ist dabei voller Täuschungen. Er erscheint realistisch und wird dennoch vom Öffnen und Schliessen eines roten Theatervorhangs bestimmt. Er scheint einfach zu sein und doch behandelt er einen der berühmtesten Bühnenstoffe der Welt, den Konflikt zwischen Autor und Figuren. Figuren, die Forderungen stellen und rebellieren. Ein Autor, der diese Figuren satt hat und in der Angst lebt, eine von ihnen zu werden, genau wie in Luigi Pirandellos Stück "Sei personaggi in cerca d'autore" (Sechs Personen suchen einen Autor).
Lisetta Tornabuoni, La Stampa
Gabriele Salvatores, 1950 in Neapel geboren und in Mailand aufgewachsen, wo er an der Accademia del Piccolo Teatro studierte. 1972 gründete er das Teatro dell'Elfo und arbeitete hier bis 1989. Sein Kinodebüt hatte er 1983 mit "Sogno di una notte d'estate". Mit seinem Film "Mediterraneo" (1991) gewann er den Oscar für den besten fremdsprachigen Film. Er gehört zu den bekanntesten und erfolgreichsten italienischen Regisseuren der Gegenwart.
Regie: Gabriele Salvatores
Drehbuch: Alessandro Genovesi, Gabriele Salvatores
Kamera: Italo Petriccione
Schnitt: Massimo Fiocchi
Ausstattung: Rita Rabassini
Darsteller: Fabio De Luigi (Ezio), Diego Abatantuono (Papà), Fabrizio Bentivoglio (Vincenzo), Margherita Buy (Anna), Carla Signoris, Valeria Bilello, Corinna Agustoni
Italien 2010, 90 Minuten, 35mm mit deutschen Untertiteln.
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C'è uno sceneggiatore che volendo scrivere un film sceglie diversi personaggi che parlano direttamente agli spettatori, intervengono a criticare quanto lo scrittore va scrivendo o a protestare quando l'autore li lascia in sospeso o medita di abbandonarli. C'è la vicenda di due famiglie che nulla hanno in comune ma che s'intrecciano a causa di ragazzo e ragazza sedicenni decisi a sposarsi subito, poi pronti a rinunciare al proposito (che ha tanto turbato le due famiglie abituate a prendere sul serio ogni stupidaggine degli adolescenti), mentre le due famiglie si sono ormai incontrate, hanno fatto amicizia, sembrano quasi parenti. C'è uno dei padri, Fabrizio Bentivoglio, distaccato e crudele, malato e invaso dal pensiero della morte. C'è l'altro padre, Diego Abatantuono monumentale, capace di diffondere vitalità e calore. C'è una nonna smemorata che ricorda soltanto l'etichetta e la cucina, le regole e le pietanze.
La famiglia a cui fa riferimento il film, il titolo, un po' è soltanto un pretesto, una scusa, se volete, per raccontare qualcosa di più grande, la società, noi, che abitiamo questo pianeta. Nella costituzione francese, anche in quella americana, ed è interessante, è sancito il diritto alla felicità, in quella italiana invece no, ma non vuol dire che non si debba cercarla. Perché, a volte, è la vita ad impedirti di essere felice, a volte siamo noi che ci creiamo delle barriere, degli ostacoli insormontabili, come lo scrittore al centro del film, Ezio, che preferisce scrivere storie d'amore piuttosto che viverle, visto che ne ha il terrore, ma non è assurdo?
Gabriele Salvatores
Otto personaggi in cerca d'autore. Una città grigia come Milano ridipinta in colori squillanti da musical anni '50, o da sogno a occhi aperti. Una sceneggiatura che si anima sotto i nostri occhi, come un teatro di pupi, con tanto di palcoscenico e sipario, confondendosi con l'immaginazione del suo autore Fabio De Luigi, che a momenti entra egli stesso nella sua storia, mescolandosi ai personaggi. Mentre ogni scena, malgrado le gag, l'allegria ribadisce i sentimenti di fondo. Malinconia, sconforto, incertezza. Paura. Di annoiarsi, di essere felici, di puzzare, di crescere, di morire, di svegliarsi disamorati o omosessuali. Non una paura in particolare, ma il sentimento proteiforme e appiccicoso di questi anni di plastica. La forza di Happy Family è questo procedere per contrasto. Gag e paure. Battute e batoste. Colori e cupezza. Come se la complessità del mondo oggi si potesse rappresentare solo così, obliquamente.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero
Commedia umana da ridere e da piangere, divertente, intelligente, imprevista, colorata, persino ottimista, che Gabriele Salvatores ha diretto benissimo, guidando gli attori in modo magistrale, traendola dall'omonimo testo teatrale di Alessandro Genovesi. Happy Family, avvisa il regista, non è una marca di biscotti inglesi per famiglia o un titolo brioso, si riferisce invece alla famiglia umana e alla sua capacità di sopravvivenza. Ma tutto il film è un rosario di inganni. Sembra realistico, invece si apre e si chiude con un sipario di velluto rosso da teatro. Sembra semplice, invece adotta l'artificio teatrale più famoso al mondo, il conflitto tra autore e personaggi, con i personaggi che esigono o protestano, con lo scrittore stufo d'averli ideati e che ha paura di diventare uno di loro, come nei Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello. Sembra amoroso, invece racconta la paura indefinita in cui tanti sono immersi. Happy Family fa riflettere e dà un'impressione di leggerezza, grazia e letizia. Manda in estasi con la sua colonna sonora quasi tutta Simon & Garfunkel, col suo finale che consente ad altre storie di cominciare, quando cala il sipario.
Lietta Tornabuoni, La Stampa
Gabriele Salvatores (Napoli, 1950), cresce a Milano, dove studia all'Accademia del Piccolo Teatro, prima di fondare nel 1972 il Teatro dell'Elfo, con il quale lavora fino al 1989. Nel 1983 esordisce nel cinema con Sogno di una notte d'estate. Vince l'Oscar nel 1991 con Mediterraneo.
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